Quando il 7 novembre scorso Alessandro Nesta annunciò che la sua carriera da calciatore era arrivata al capolinea, mise subito le cose in chiaro: subito un anno sabbatico, magari nella sua casa di Miami, quindi di nuovo in pista come allenatore. Ha sempre avuto le idee chiare il mitico difensore di Lazio e Milan, giocatore tanto bravo sul rettangolo verde quando schivo e timido fuori dai campi da gioco, con la sua vita privata sempre avvolta da un’aurea di mistero; non era tipo da copertine diverse da quelle sportive, Nesta, mentre col calcio ha sempre fatto sul serio, sfrontato, senza paura. Come quando nel 2002 lasciò la Lazio, il suo primo grande amore, per passare al Milan, nove anni sulle rive del Tevere, dieci sui Navigli, quindi l’esotica esperienza a Montreal, nella MLS, fino al momento in cui ha deciso di dire basta. E allora il pensiero torna ai colori biancocelesti, un tweet inequivocabile di ottobre sancisce il ritorno di fiamma (“@officialsslazio Non è vero che mi sono dimenticato. Orgoglioso di essere stato il capitano di questa squadra“), l’annuncio che il prossimo 9 febbraio sarà all’Olimpico, in tribuna, durante il derby contro la Roma.

Non è una comparsata, non dovrebbe esserlo, se è vero che la sua voglia di sedersi in panchina è stata recepita da Claudio Lotito come l’opportunità di riportare a Formello l’ex idolo della Nord, una telefonata esplorativa con una proposta ben chiara: è se l’anno prossimo facesse il secondo a Petkovic o chi per lui? Nesta ci pensa, nel frattempo studia, ricordando i suoi allenatori per attingere metodologie e savoir-fare:

“Proverò il percorso da allenatore. Ho già due patentini, mi manca il master. Mi preparo, poi si vedrà… Mi ispiro a Carlo Ancelotti, è stato bravissimo: con lui abbiamo vinto senza stress. Ma poi non voglio dimenticare l’allenatore che mi ha lanciato: Zeman. E’ stato fondamentale nella mia carriera perché ha creduto nelle mie capacità. È un genio incompreso: i risultati non gli hanno dato ragione ma lui è riuscito a migliorare tanti giovani, come Florenzi”.

Tanta Lazio, tanto Milan, i ricordi sono vividi:

“Rapporto ottimo con Berlusconi, con Cragnotti avevo un bel dialogo ma poi qualcosa si è rotto. Io traditore? Alla fine i fatti mi hanno dato ragione: la società svendette tutti i giocatori importanti, come Crespo e Veron. Il Milan attuale? Fa male al cuore vederlo in quella posizione di classifica. Le prime quattro-cinque si sono rinforzate molto. Mi auguro che si riprenda ma è difficile. Balotelli? Noi avevamo Maldini e Costacurta, fra noi vigeva il rispetto assoluto. Se ci fosse stato nei miei anni si sarebbe comportato bene. Ma siccome non lo conosco personalmente, non mi permetto di dare giudizi. Il mio addio ai rossoneri? Non so se è stata una scelta giusta o sbagliata. Ma la società ha fatto i suoi conti. Non avrei potuto giocare tutte le partite per problemi fisici. Io per carattere o sono al 100% o evito brutte figure”.

Infine aneddotica sparsa di una carriera sempre al massimo:

“Il brasiliano Ronaldo, il numero uno per distacco, è stato il mio peggior cliente. Rimpiango i continui infortuni ai Mondiali mentre la finale di Istanbul l’avrei ridi-sputata dopo un minuto. Ma anche la finale degli Europei con il golden goal di Trezeguet. Il derby perso per 5-1? Ero reduce da una settimana strana, il presidente Cragnotti voleva vendermi a tutti i costi. Arrivai al campo confuso, e mi ritrovai un rompiscatole come Montella come avversario”.

Basta ricordare, è arrivato il momento di fare: per Nesta si apre un nuovo capitolo della sua vita. Gli auguri più sentiti per una fulgida carriera da allenatore.

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ultimo aggiornamento: 15-11-2013


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